giovedì 12 marzo 2015

Roure: il paese dopo le Alpi



ROURE, il paese dopo le Alpi


Quando si è piccoli, c’è un momento nel quale si ha la voglia di spostare sempre un po’ più in là le proprie ‘colonne d’Ercole’. Mi spiego meglio. Inizia nella mente a delinearsi una propria mappatura del luogo in cui sei da poco stato catapultato: mia nonna vive in quel paese, mio papà lavora in quello, una volta sono stato una giornata a Vattellapesca che è proprio vicino a dove mia zia ha una vecchia casa. Ebbene, le mie reali origini mi spingevano a ricordare i paesi della Val di Susa e poi quelli della Valsangone. Fino ad arrivare a Coazze. E lì mi bloccavo un attimo…e dopo Coazze? Chiedevo: e dopo Coazze che paese c’è? Ci sono le Alpi mi rispondevano i miei parenti più generosi di parola. Sì, va bene, mi dicevo io, ma confinerà pure con qualche altro comune dopo le Alpi? La mia giovane mente, nata già sotto il dominio dell’ubanizzazione, non poteva accettare una risposta così sempliciotta. Per cui dopo aver ricevuto nuovamente Alpi come affermazione per qualche altra volta, qualcuno mi accontentò e disse: Roure! Coazze dopo le Alpi confina con Roure!

Per anni la mia esigenza di spostare gli orizzonti è stata facilmente accontentata da questa risposta.

Roure è un paesino della Val Chisone, situato nel territorio delle valli occitane. In epoca fascista, come successe per molti altri paesi, il nome venne cambiato in Roreto prima e Roreto Chisone poi, pensando con beneficio di ignoranza che Roure fosse un francesismo. Significa invece in occitano ‘quercia’, e la quercia è il simbolo del paese. Il nome italianizzato è rimasto fino ad un referendum del 1975, che ha riportato la denominazione Roure. Non esiste un centro abitato che porti questo nome, ma il comune è composto da quattro frazioni più grandi e da una vasta quantità di altre borgate. Per la realtà una di queste quattro frazione porta il nome di Roreto, che comunque prima del fascismo si chiamava Chargeoir.

La prima di queste che si va incontrando giungendo da Pinerolo è Castel del Bosco, poi Roreto, Balma e Villaretto. Incomincio proprio da quest’ultima. La strada per arrivare al centro è raggiungibile con un’auto poco ingombrante, la via è stretta, ma comunque molto particolare. Sulle case ci sono raffigurazioni della vita di pastorizia e di agricoltura: una pecora che si abbevera, la benedizione del bestiame. La chiesa di San Giovanni Battista svetta su tutto, ma anch’essa è incastonata tra le case. I luoghi sono bellissimi, per cui consiglio ai visitatori di lasciare la macchina ad inizio borgata e di venir su con le proprie gambe, una bella passeggiata non può che migliorare la giornata.
Anche perché nella frazione seguente, Balma, è praticamente impossibile passare su quattro ruote essendoci un pezzo non più largo di 1,3 metri. Balma è la sede del municipio, c’è il monumento per i caduti e quello per i donatori, in più una caratteristica cappella controlla le abitazioni sottostanti.


Voglio un caffè, la scritta bar nella frazione di Roreto mi rinfranca, è chiuso. Così sfoggio il mio incerto franco provenzale che avevano tentano di delimitarmi alla sola Coazze non indicandomi un paese oltre, e chiedo dove posso prendere un caffè. Mi viene indicata un’osteria, dei ‘tre scalini’. E’ piccola ma familiare, c’è un odore che i più miserabili banalizzerebbero con la puzza, ma che è puro ossigeno per un ormai cittadino come me. La gente è accogliente e parla di andare a Roma per manifestare contro il governo, le solite cose. Prendo il mio caffè e ringrazio la compagnia. Prima di salire in macchina scorgo lo stemma cittadino con la quercia e i colori giallo e rosso, quercia simbolo di forza, resistenza e robustezza. Accendo il motore e scendo per la Val Chisone. Torno alle grandi strade e ai veri cattivi odori, torno nelle mie colonne d’Ercole.

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